domenica 20 gennaio 2013

Generazione tablet


Ai giovani l'auto non interessa più. È questa la notizia che preoccupa di più i costruttori. Perché un conto è far fronte alla crisi del mercato europeo, che è compensata dalla crescita della Cina, del Brasile e dalla ripresa degli Stati Uniti, un conto è scoprire che i teenager hanno smesso di sognare l'automobile. Le priorità per i ventenni sono altre, una su tutte, la connettività. Non è facile stabilire le ragioni di un cambiamento di questa portata. Generazioni di liceali attendevano con trepidazione i 18 anni e la patente, che apriva le porte del mondo dei grandi. La sensazione di libertà era grande, anche se poi si arrivava solo al bar.


Nel 2012 al bar si va ancora, ma è più importante sfoggiare l'ultimo modello di smartphone o di tablet, mostrare un video divertente e magari registrarne uno appena dopo per poi caricarlo subito in rete. L'auto resta nell'angoletto, anzi a casa, visto che davanti al bar si trova parcheggio male e solo pagando e che mettere 10€ di benzina non vale la pena per stare 20 minuti in coda. Meglio andare a piedi o con i mezzi pubblici, così intanto si può guardare Facebook. Questo è più o meno quello che sta succedendo tra gli adolescenti di oggi, che dovranno essere gli automobilisti di domani. Per cui le Case stanno correndo ai ripari. L'idea è quella di portare il tablet in vettura, connettendolo con qualsiasi dispositivo presente. Blue&Me, MyLink, R-Link, SYNC, U-Connect sono alcune delle sigle dei nuovi sistemi di infotainment; ogni brand ha la sua ricetta, soprattutto dal punto di vista estetico, perché alla fine le funzioni si uniformano tutte.


Per ora la scelta più estrema è di Mercedes, che sulla nuova Classe A ha "estratto" il tablet dal disegno del cruscotto, dando la sensazione che sia scollegato dal resto dell'auto. Pare che alcuni "vecchi" clienti siano rimasti un po' sconcertati, ma non è un mistero che la Stella voglia iniziare a brillare anche tra i giovani. Il mercato sarà, come sempre, giudice, ma la strada del cambiamento è stata già imboccata.

venerdì 30 novembre 2012

Ford MyKey, limitare per non educare



"Vietato vietare" era uno degli slogan più famosi del '68, periodo in cui si sognava un mondo diverso con "al potere la fantasia", dove la coscienza, la compartecipazione e la solidarietà avrebbero dovuto elevare ogni singolo individuo ad attore di una società civile giusta ed egualitaria.
Le cose sono andate un po' diversamente...Al potere abbiamo le banche e i mercati, la società ruota attorno a un individuo solo, consumista e disinteressato alle dinamiche civili. Anche se Facebook e Twitter hanno sostituito il bar e il "muretto", in piazza si va ancora in tanti, ma per ballare 3 minuti la melodia più idiota mai concepita da mente umana. 
Da "Vietato vietare" si è passati a "limitare per non educare". Il tuo bambino di 6 anni è troppo vivace? Dagli una pasticchetta. Tuo figlio di 12 anni suda, si sporca e rischia di farsi male a calcio? Rinchiudilo in casa con la Play Station. È adolescente e vuole uscire di pomeriggio? Dagli un bello smartphone con GPS e controlla costantemente la sua posizione. Ha appena preso la patente e ti viene l'ansia? Compragli una Ford Fiesta dotata di sistema MyKey, così da limitare tutte le funzioni dell'auto!

Non sto scherzando. Gli stessi signori che nel '68 hanno attraversato l'Europa d'estate su sgangherate 500, Dyane o Maggiolini, rigorosamente senza cinture, con la musica a tutto volume, le lattine di birra e magari fumando una canna, hanno inventato una sorta di funzione"cancella pericoli" per l'auto. Peccato che i pericoli esistono ed esisteranno sempre. Per prevenirli ed evitarli servono consapevolezza e buon senso. 

Il MyKey consente di limitare la velocità massima, il volume della radio, di impedire la disattivazione dell'ESP e via dicendo. Magari farà la felicità dei genitori più ansiogeni, ma non porterà nessun beneficio al giovane neopatentato. E se è vero che proibire qualcosa è il miglior modo per farla cercare, viene da chiedersi cosa succederà il giorno che il MyKey verrà disattivato. Forse tutta la frustrazione verrà sfogata in un solo colpo?

La verità è che l'esame per ottenere la patente è del tutto inefficace, che tante scuole guida sono inadeguate e che la maggior parte dei genitori sono automobilisti indisciplinati inadatti a insegnare ai figli a guidare. Come spesso accade, il problema sta nelle radici della pianta e tagliando le foglie malate si rimanda solo il momento in cui bisognerà farci davvero i conti.

Non sarebbe molto meglio regalare un bel corso di guida sicura a ogni neopatentato che acquista un'auto? 


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mercoledì 31 ottobre 2012

C'era una volta la Lancia



C'era una volta la Lancia, un marchio automobilistico di Torino, che faceva auto di lusso e con una tecnica di avanguardia. C'era una volta la Lancia, un costruttore italiano, che dominava i rallies mondiali ed era anche sinonimo di eleganza. C'era una volta la Lancia, l'unica marca italiana apprezzata anche dai francesi, che popolava i sogni di tanti ragazzi. C'era una volta la Lancia. Oggi ne è rimasto poco; domani, probabilmente, non ne rimarrà nulla. Il brand ha perso appeal, ha detto Sergio Marchionne. Purtroppo non gli si può dare torto; gli si può solo rimproverare di essersene accorto con un filo di ritardo, una ventina di anni più o meno. Tanto tempo è passato dall'uscita di produzione dell'ultima auto che abbia portato con onore il nome Lancia, la Delta Integrale. E poco di meno é trascorso dal pensionamento della Thema, l'ultima berlina di prestigio degna di rispetto prodotta in Italia. Dopo di loro il nulla.


Sulla scorta dei principi del taglio dei costi e delle piattaforme comuni, il bagaglio tecnico-ingegneristico della Lancia é andato perduto e sono nati dei mostri come il trio Tempra-Dedra-155. Tutto ció accadeva negli stessi anni in cui il gruppo Volkswagen iniziava a percorrere la stessa strada, ma in maniera vincente, trasformando un marchio poco noto come Audi in un brand di lusso. Del resto quando si pagano con soddisfazione i 5.000€ in più che ballano tra una Golf e una A3, che hanno costi industriali pressoché identici, ci si puó solo togliere il cappello di fronte a una gestione aziendale perfetta.

In Fiat le cose sono andate un po' diversamente...Per decenni si è guardato solo al mercato domestico, pensando a inglobare i concorrenti (Lancia nel '68 e Alfa Romeo nel '86), senza mantenere le specificità tecniche e smettendo di investire sul prodotto. I risultati sono palesi. Lancia é un marchio praticamente defunto che riesce a vendere un solo modello, la Ypsilon; Alfa Romeo resta a galla grazie ai tantissimi amanti del marchio che ancora conserva e a due auto di buon successo come la Mito e la Giulietta, che sono comunque di derivazione Fiat.

In buona sostanza, la situazione è tragica. I grandi marchi automobilistici decaduti sono una brutta gatta da pelare per chiunque. Di contro i grandi successi, come Audi, si costruiscono con un investimento costante nel tempo e soprattutto con le idee ben chiare sul da farsi. Probabilmente la lenta agonia della Lancia sta per giungere al termine. I lancisti più radicali forse saranno contenti: meglio la gloria eterna che l'abominio terreno. Ma tanti appassionati di auto lo saranno meno, soprattutto pensando a quante grandi occasioni sono state sprecate prima di arrivare a questo epilogo.

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venerdì 21 settembre 2012

Alla Fiat hanno il senso dell'umorismo


La situazione tragica del mercato europeo dell'auto è nota a tutti. La sovra capacità produttiva è un dato di fatto. Il problema non è solo di Fiat, come dimostrano le precarie condizioni di PSA, le perdite incancrenite di Opel e i pesanti passivi di Ford Europa (peraltro, riguardo a queste ultime due, è seriamente al vaglio la possibilità di cessare le attività in Europa, per concentrarsi solo sul mercato domestico). Questa sovra capacità è figlia della motorizzazione di massa degli anni 60/70 e dell'aver voluto, da parte dei governi e delle case auto, posticipare il problema, quando anche un bambino capisce che, una volta data un'auto pressoché a tutti i patentati, bisognerà attendere che la vogliano sostituire, prima di vendergliene un'altra.
Questi temi sono evidenti da anni - i due milioni e passa di auto venduti fino a 5 anni fa erano un miraggio irradiato dagli incentivi - come era evidente che i 20 miliardi di euro promessi da Marchionne per la fantomatica Fabbrica Italia non sarebbero mai stati investiti. Del resto che cosa ci si può aspettare da una azienda che da metà anni 80 in poi ha dilapidato il miglior patrimonio tecnico-ingegneristico del mondo, disinvestendo sul prodotto e lasciandosi raggiungere (e superare) da quasi tutti i marchi concorrenti.
È più interessante chiedersi l'origine dell'incondizionato e trasversale consenso di cui Marchionne ha goduto negli ultimi anni. Che sia stato per ingenuità o per malafede, in entrambi i casi non c'è da stare allegri. Anzi sì! Perché alla Fiat hanno uno spiccato senso dell'umorismo. Negli stessi giorni in cui "Serghio" lasciava a piedi il Paese con un comunicato di poche righe, l'ufficio marketing partoriva l'indispensabile "Fiat Likes U-l'Università che ci piace" e John Elkann pontificava sulla copertina di Panorama. Negli stessi istanti in cui l'Italia veniva definita come un affare in perdita, come una palla al piede da dover trascinare per forza, si lanciava un essenziale programma di car sharing - corredato da 8 borse di studio da, udite udite, 5.000€ - in 8 Università italiane, la maggior parte delle quali private, perché bisogna agevolare chi può permettersi rette da 10.000€ e non chi fa i salti mortali per studiare nelle facoltà pubbliche. Ma la cosa più bella è che mentre accadeva tutto questo, il prode Elkann suggeriva ai giovani di studiare per guadagnare di più; parlava di meritocrazia, del resto chi meglio di lui (e il suo stipendio da oltre 3mln di euro annuali) può spiegare il concetto del merito...il merito di essere nato nella famiglia giusta.
Purtroppo però, Diego Della Valle non ha apprezzato l'umorismo made in Fiat, e ha ringhiato che gli Agnelli dovrebbero tornare a fare quello che sanno fare meglio, sciare e giocare a golf. Marchionne si è offeso, ha detto che non comprerà più le Tod's perché sono scarpe di lusso e costano troppo. Aspettiamoci di vedere un paio di Converse in coordinato con il maglioncino...

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lunedì 30 luglio 2012

Quale futuro per l'auto in Europa?


La crisi che attanaglia l'Europa è dura e inflessibile come non si vedeva da parecchio tempo. I disoccupati e le tasse aumentano, i consumi e gli stipendi diminuiscono. A farne le spese sono praticamente tutti i settori, ma uno in modo particolare, sia per il grande numero di occupati che coinvolge, che per il valore immaginifico che ha nella nostra cultura. Il mercato dell'auto è in crisi nera, tutta l'Europa è coinvolta. Anche se il dato globale non è così allarmante grazie alla Germania che tira ancora, le situazioni dei singoli Paesi sono davvero critiche. In Italia, per esempio, a fine 2012 si arriverà, forse, a 1.400.000 auto immatricolate. Vi sembrano tante? Solo cinque anni fa, a causa del doping degli incentivi statali, se ne vendevano 2.400.000. Ho scritto "a causa" e non "grazie" proprio per entrare nel cuore del problema: la cronica sovracapacità delle fabbriche sparse in tutta Europa e dei vari trucchi con i quali è stata tenuta nascosta per tanto, troppo tempo.
Negli ultimi 30 anni abbiamo convissuto, e anche sposato, l'idea che fosse giusto e necessario cambiare auto ogni pochi anni, spinti dal fascino dell'effimero (l'efficienza energetica di un'auto moderna è di poco migliore  di quella dei modelli anni 60) progresso tecnologico o costretti dalle norme antinquinamento che si inasprivano ogni due anni. Ma la verità è che un'auto può durare una vita, come si può vedere nei Paesi poco sviluppati o in posti come Cuba, dove l'embargo ha obbligato a conservare in vita le vetture degli anni 50. La situazione attuale ci dice che il mercato Europeo è saturo e che molte case automobilistiche rischiano il collasso. Non è un mistero che General Motors stia pensando di sopprimere il marchio Opel e che Ford valuti se abbandonare l'Europa. Per non parlare del futuro dei marchi francesi che sono appesi a un filo, anzi a un cordone ombelicale che li lega al mercato domestico, visto che fuori dalla Francia non brillano particolarmente e nel resto del mondo sono praticamente assenti.
Tolto il Gruppo Volkswagen, che prosegue nel cammino verso la vetta del mercato mondiale, resta il nostro Gruppo Fiat, che resiste grazie alla leadership in un mercato importante come quello brasiliano ma soprattutto grazie all'ossigeno che arriva dall'altra sponda dell'Atlantico. Gli Stati Uniti appaiono come l'unico salvagente per FGA, sempre che si riescano a esportare auto di indubbia qualità. E l'Europa che fine farà? Difficile dirlo, ma le abitudini d'acquisto sono destinate a cambiare per sempre. 

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domenica 15 luglio 2012

l'autocritico di traverso con la Toyota GT 86


Il 24 giugno, sul circuito laziale dell'ISAM, in occasione dell'Elaborare Day ho avuto il piacere e l'onore di portare in pista per due giri tutti coloro che ne avevano fatto richiesta fin dalle prime ore del mattino. L'auto era una splendida Toyota GT 86 che si è dimostrata facile, veloce e molto giocherellona, come hanno avuto modo di constatare tutti gli appassionati che si sono accomodati sul sedile del passeggero.  

Per quanto mi riguarda non posso che ringraziare Toyota e Subaru (la GT 86 è un progetto condiviso) per aver creato una driver's car che non costa un occhio della testa, che non consuma come una portaerei, che diverte anche a velocità umane e che è capace di mettere il sorriso sulle labbra già dopo pochi chilometri!





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mercoledì 4 luglio 2012

Renault Clio 4, francese un po' tedesca

Anche se il frontale aggressivo le conferisce una certa personalità, osservando più attentamente le linee della Renault Clio 4 nel loro complesso, non si può fare a meno di notare un drastico cambio di rotta nel design. La personalità sbarazzina, immediatamente riconoscibile come francese, lascia il posto a una solidità d'insieme decisamente tedesca. Al di la che la nuova Renault Clio 4 piaccia o meno, la svolta è innegabile. Le reali motivazione le conoscono solo i pezzi grossi della casa francese, ma qualche ipotesi possiamo farla ugualmente. Se è vero che l'attuale punto di riferimento di categoria è la Polo e che l'ultima auto di grande successo europeo è stata la Fiesta, sembra plausibile il voler dare alla nuova Clio un aspetto più solido, più adulto, anche perché in tempi di crisi investire soldi su un'auto nuova è una faccenda tremendamente seria.
Ultima nota sulla linea: osservate bene il posteriore, non vi ricorda molto la Seat Ibiza?

Per chiudere, un'altra brutta notizia per tutto gli appassionati di auto sportive e di bella guida. La versione RS di questa nuova Clio 4 sarà solo a 5 porte e perderà il 2 litri aspirato da 200 CV per fare posto all'ennesimo 1,6 litri turbo. BRUUUM!!!


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