giovedì 19 gennaio 2012

La storia della crisi parte 5: il punto più basso


Sono arrivate buone notizie anche per GM, ma non dal mercato: il Tribunale Fallimentare di Manhattan ha dato il via libera per la vendita degli asset sani alla “nuova GM”, controllata dai Governi americano e canadese, e da un fondo pensione della UawParallelamente è proseguito lo sviluppo dei nuovi veicoli ibridi ed elettrici, visto anche l’impegno che è stato preso con il Governo per lanciare almeno quattordici modelli ibridi entro il 2012. Sempre secondo gli stessi accordi la nuova GM è nata con una struttura molto più snella: la cosiddetta “catena del comando” è stata ridotta del 35%, creando un comitato esecutivo ristretto per le decisioni quotidiane; i marchi su cui puntare si sono ridotti ai quattro più redditizi, cioè Chevrolet, Cadillac, Buick e GMC; ma è il confronto dei numeri che evidenzia nettamente le differenze rispetto alla vecchia azienda: trentaquattro impianti contro quarantasette, sessantaquattromila dipendenti in Nord America contro novantunomila, e tremilaseicento concessionari contro i seimila precedenti. La GM è ormai diventata un’azienda statale a tutti gli effetti, partecipata per il 60,8% dal Governo americano, per l’11,7% da quello canadese, dai sindacati per il 17,5% e solo per il restante 10% dalla “vecchia GM”Nel mese di luglio, dopo aver sistemato le sorti societarie delle due “Big” in affanno, l’Amministrazione Obama darà un segnale forte sia all’industria dell’auto nazionale, sia ai consumatori, varando un piano di incentivi strettamente legato all’acquisto di auto ecologiche, il Car Allowance Rebate System: le più parsimoniose tra queste godranno di un incentivo fino a quattromilacinquecento dollari. Si prova così a favorire la ripresa del mercatoChrysler ha cercato di approfittarne subito, varando una campagna di sconti che consente di raddoppiare l’ecoincentivo statale; contemporaneamente ha lanciato una sfida decidendo di mantenere in produzione la sua icona supersportiva marchiata Dodge, la ViperIl mercato reagisce positivamente, i fondi governativi sono esauriti in meno di una settimana e il passivo delle vendite di luglio, rispetto al luglio 2008, viene contenuto entro il 12%. Per Ford, addirittura, c’è stato un ritorno al segno positivo (+2,3%) dopo diciannove mesi consecutivi di cali delle vendite; tant’è che la dirigenza non ha più fretta di liberarsi del brand Volvo, ma ha deciso di attendere qualche mese per valutare il cambiamento sullo scacchiere mondiale dei costruttori di automobili. La casa di Dearnborn ha confermato di essere la più preparata ad affrontare il futuro, puntando a rinnovare circa l’80% della propria gamma veicoli entro il 2012 ed essendo riuscita a tagliare i costi per lo sviluppo di nuovi modelli del 60%Alla GM le cose sono andate peggio; al termine del primo semestre Toyota ha continuato a mantenere la leadership mondiale. Ciononostante la nuova dirigenza ha reagito, dichiarando di voler assolutamente mantenere la sua storica leadership nel mercato domestico e presentando il nuovo business plan, che ha previsto l’uscita di venticinque nuovi modelli entro il 2011 e la creazione di nuovi strumenti per permettere un contatto più diretto e bidirezionale con i consumatori e con gli appassionati del marchio. Nello stesso tempo viene annunciata la cessione del marchio Saab alla KoenigseggIntanto la campagna di ecoincentivi “Cash for clunkers” ha registrato un successo superiore a ogni più rosea aspettativa: inizialmente si pensava che il miliardo di dollari stanziato sarebbe durato fino al primo novembre; invece, nonostante l’iniezione di altri due miliardi, i fondi si sono esauriti già prima della fine di agosto. Anche le previsioni sulle immatricolazioni che sarebbero avvenute sotto l’ombrello degli incentivi (duecentocinquantamila unità) si sono rivelate striminzite, visto che di auto nuove ne sono state vendute ben seicentonovantamilaSe il mercato dell’auto ad agosto è ritornato, per la prima volta nell’anno, sopra il milione di esemplari venduti, con una crescita dell’1% rispetto allo stesso mese del 2008, invertendo così un trend negativo che durava dall’ottobre del 2007, le cose non sono andate altrettanto bene per i costruttori locali. A parte Ford (unica impresa rimasta fuori dal controllo statale) che ha registrato un incremento del 17,2%, le controllate GM e Chrysler hanno perso rispettivamente il 20,1% e il 15,4%; sorridono invece i giapponesi (Toyota +6,4% e Honda +9,9%). La vettura più venduta è risultata la Toyota CorollaMa nel mese di settembre il mercato è già tornato a perdere. La flessione complessiva, rispetto a settembre 2008, si è attestata al 25,8%,. Ford ha limitato i danni con una perdita del 9,6% mentre GM e Chrysler sono tornate a decrementi dell’ordine del 45%. Il terzo trimestre 2009 si è chiuso con tre milioni di veicoli in meno rispetto allo stesso periodo del 2008, cioè con un calo del 27,1%Alla GM si è continuato a lavorare alacremente per la ristrutturazione dell’azienda e la ripresa delle vendite: nel mese di ottobre viene perfezionato l’accordo per la cessione del brand Hummer e parallelamente viene aumentata la quota partecipativa in GM Daewoo Auto & Technology; in questo modo la dirigenza ha dimostrato di credere nell’emergente mercato coreano e altresì nello sviluppo di auto di piccole dimensioniNello stesso periodo in Fiat-Chrysler hanno preparato il piano di salvataggio della azienda di Auburn Hills, che sarebbe stato presentato alla stampa, peraltro molto scettica, e all’opinione pubblica entro pochi giorni. Contemporaneamente, Ford ha sorpreso tutti gli analisti del mercato tornando all’utile, per 997 milioni di dollari, nel terzo trimestre 2009L’altra grande sorpresa positiva è stata il ritorno all’incremento delle vendite di GM (+1%) nel mese di ottobre. Ford è sostanzialmente in pareggio (-0,9%), mentre Chrysler ha perso ancora il 32,9%. Il dato generale delle vendite ha registrato un incremento minimo rispetto a ottobre 2008, quantificato in sole duecentocinquanta vetture in piùNei primi giorni di novembre viene finalmente presentato il business plan di Fiat-Chrysler. Le due Case hanno deciso di dividersi i compiti riguardo ai propulsori: al Lingotto si occuperanno delle piccole e medie cilindrate, mentre ad Auburn Hills si concentreranno sui motori di grossa cilindrata e sulla propulsione ibrida ed elettrica; i pianali su cui sviluppare le auto, ridotti nel numero totale, saranno messi in comune, diventando allo stesso tempo più flessibili. Insomma, lo scambio di tecnologie e know-how è diventato totale. Gli obiettivi dichiarati sono molto ambiziosi: ventitré miliardi di investimenti in cinque anni, Break Even Point raggiunto nel 2010, prestiti governativi restituiti e vendite raddoppiate entro il 2014Nel mese di novembre l’andamento del mercato ha confermato una stabilità incoraggiante, rispetto al novembre 2008 sono state consegnate seicentoventisette vetture in più. Chrysler è l’unica delle Big Three che ha continuato a perdere, anche se meno (il 19%), mentre Ford ha confermato il proprio stato di ritrovata salute con un +8,6% e GM ha fatto un salto in avanti registrando un +6,8%Grazie alla ripresa delle vendite ed a risultati finanziari incoraggianti, GM ha iniziato a restituire i prestiti governativi in anticipo rispetto alla tabella di marciaIn questo stesso periodo si sono rotte le trattative tra Koenigsegg e GM per la cessione del marchio Saab: l’atelier scandinavo di auto sportive, non potendo più contare sul supporto dei cinesi della Baic, si è ritirata dall’affare. A questo punto il futuro della Casa di Trollhättan ha i giorni contati: agli inizi di dicembre il Consiglio di Amministrazione di GM ha fissato come data limite, per trovare un acquirente ed evitare la liquidazione, il 31 dicembre. Proprio a causa del fallimento di questa trattativa, e, seppure in misura minore, anche di quella per la cessione del brand Saturn, l’amministratore delegato Henderson viene rimosso dal suo incaricoDurante gli ultimi giorni di novembre si è palesato un importante problema anche per Toyota: il colosso giapponese, dopo un lungo braccio di ferro con l’Hntsa, l’Ente federale per la sicurezza, ha annunciato un richiamo riguardante quasi quattro milioni di veicoli, venduti negli ultimi cinque anni. Il difetto all’origine del richiamo riguarda un possibile malfunzionamento del pedale dell’acceleratore, che si sospetta abbia già causato duecento incidenti, alcuni dei quali mortaliNell’ultimo mese dell’anno sono attesi i dati di vendita per stilare un bilancio preciso dei risultati del mercato. Al quartiere generale GM si è deciso di puntare forte sulla rivoluzionaria Chevrolet Volt, la prima auto elettrica extended-range, che necessita di un investimento di trecentotrentasei milioni di dollari, per poter avviare la sua linea produttiva. Contemporaneamente si sta cercando una soluzione al problema Saab: nell’attesa di un acquirente, vengono venduti alla cinese Baic i diritti di produzione e anche le linee di montaggio dei modelli 9-3 e 9-5, che sarebbero usciti di produzione di lì a poco. Le trattative per la cessione del brand hanno trovato un nuovo interlocutore in Spyker, un piccolo atelier olandese di auto sportive, ma i tempi brevissimi a disposizione hanno portato alla bocciatura della prima offerta. Tuttavia Spyker non demorde e annuncia la presentazione di una nuova offerta entro il 7 gennaioIl 2009 si è chiuso con il mese di dicembre in salita del 14,9% rispetto al dicembre precedente; nonostante questo, il mercato ha perso il 21,4% su base annuale, fermandosi a poco più di dieci milioni di veicoli. Ma, soprattutto, il mercato dell’auto americano ha perso per la prima volta la sua leadership mondiale a favore di quello cinese, che nel 2009 è andato ben oltre i tredici milioni di veicoli

mercoledì 18 gennaio 2012

La lunga barba di Marchionne

Marchionne si è fatto crescere la barba. Non se ne conoscono i motivi. Forse non ha tempo di farsela, forse è una metafora di quanto lo annoino certe questioni all'apparenza irrisolvibili, potrebbe anche essere semplicemente una scelta estetica. D'altronde, visto che nell'immaginario popolare una lunga barba è sinonimo di saggezza, farebbe meglio a non tagliarla, perchè di saggezza ne servirà molta per amministrare la Fiat nel futuro prossimo.
La partita è aperta su diversi fronti, dei quali il più noto all'opinione pubblica è quello delle fabbriche. Su questo argomento si è sentito dire tutto e il contrario di tutto. Io mi limiterò a dire che per continuare a produrre in Italia, dove il costo del lavoro è molto alto, è necessario che la qualità sia al top. Il mercato non tollera più auto con difetti costruttivi o di assemblaggio. Il successo di auto come la 500 e la Panda è anche frutto di una qualità ad alti livelli. E non è un mistero che per tanti anni negli stabilimenti Fiat si montassero le auto senza badarci troppo. Sbaglia chi considera la Fiat come facente parte di un sistema chiuso; il mondo è globalizzato, le imprese producono dove costa poco e gli operai lavorano bene. Infatti Marchionne prende sempre ad esempio gli stabilimenti polacchi di Tichy e Biesko Biala, anche se non dice che pure lì c'è una bella gatta da pelare:  il malcontento delle maestranze per gli aumenti di stipendio promessi e non mantenuti.
Il 2012 sarà l'anno della nuova Panda, un modello fondamentale per rilanciare le vendite e per valutare l'efficienza della rinnovata fabbrica di Pomigliano D'Arco. Sarà anche l'anno della crossover definita L0, una monovolume medio-piccola, che sostituirà contemporaneamente la Idea e la Multipla. Le sue forme richiameranno quelle della 500; una operazione concettualmente simile a quella di Mini con Countryman. La L0 dovrebbe anche arrivare negli USA nel 2013, proprio come estensione di gamma della 500 che da sola non riesce a sfondare nelle vendite. In verità oltreoceano le cose vanno meglio. Fiat è sempre prima in Brasile e Chrysler è in netta ripresa. I problemi sono in Europa, dove c'è una forte capacità sovraproduttiva e in Cina, un mercato in grande espansione dove Fiat non è praticamente presente. Marchionne, infatti, ha recentemente dichiarato che il Gruppo Fiat-Chrysler sta cercando un altro partner per condividere i costi di sviluppo dei nuovi modelli. Ma la ricerca non è semplice e la soluzione non è certo il Gruppo PSA (con il quale la fusione viene millantata ciclicamente ormai da anni) che è ancora più dipendente dal mercato europeo di Fiat. BRUUUM!!!

martedì 17 gennaio 2012

Arrivano le "quasi-M"

Come vedreste una BMW diesel e a trazione integrale, marchiata M? Rispondete a questa semplice domanda e saprete se siete appassionati duri e puri o fanatici delle mode automobilistiche. Ma non preoccupatevi troppo, perché BMW tiene in grande considerazione sia i primi che i secondi. La notizia è questa: esordirà una nuova gamma di automobili denominata "M Performance Automobilies" che si inserirà esattamente a metà strada tra le BMW normali e le M. In questo modo potranno essere valorizzati con i crismi Motorsport diversi modelli di prossima uscita, senza però definirli come sportivi al 100%. Praticamente è uno step successivo al pacchetto M-Sport, che è prevalentemente una caratterizzazione estetica. Queste nuove "quasi-M" avranno una denominazione specifica, ad esempio la prima sarà la M550d xDrive, seguita dalla X6 xDrive M50d e dalla M135i. Successivamente farà il debutto su serie 6 e serie 7 il diesel triturbo da 381CV.
La creazione della nuova gamma potrebbe portare benefici anche alle M vere, facendogli recuperare un po' dell'antica purezza che è andata perduta. A tal proposito fanno sorridere le parole del Dr. Friedrich Nitschke (Presidente di BMW M GmbH) che dichiara di aver tratto ispirazione dalla M535i E12 del 1976, cioè la nonna della prima M5. Ecco, questo voler per forza trovare una radice per dare lustro al progetto mi pare un po' stonato, soprattutto visto che si ha il coraggio di apporre il marchio M sui cofani di due panzer come la X5 e la X6, che nulla hanno a che vedere con il concetto e lo spirito di Motorsport. BRUUUM!!!

lunedì 16 gennaio 2012

La storia della crisi parte 4: prosegue la discesa

Nel 2008 dunque il mercato nordamericano ha perso quasi un quinto del suo volume in un solo anno. E i dati di vendita del primo mese del 2009 (-37,3% rispetto a gennaio 2008, pari a 653.215 vetture) continuano a non apparire confortanti: il livello delle vendite è tornato alla quota del 1981. La crisi sembra inarrestabile e, secondo gli analisti, non si sarebbero superati, a fine anno, i nove milioni e mezzo di veicoli venduti, consentendo così alla Cina (stimata a nove milioni e ottocentomila unità) di operare lo storico sorpasso sul mercato. L’andamento delle Big Three è stato disastroso: GM e Chrysler hanno perso oltre il 50%, Ford più del 40%. Inoltre, la loro incidenza sulla produzione totale annuale del mercato domestico è scesa per la prima volta sotto il 60%, confermando un inarrestabile calo, iniziato nel 1989, quando la percentuale scese per la prima volta sotto il 90%Il 2008, inoltre, ha anche visto GM perdere la leadership mondiale delle vendite a favore di Toyota (con circa seicentomila veicoli in più immatricolati a favore del colosso giapponese). Mentre Ford ha chiuso il 2008 con il peggior bilancio della sua storia, registrando perdite per quasi quindici miliardi di dollariPer Chrysler la situazione è ancora peggiore: benché nominalmente appartenga ancora alle Big Three, la sua grandezza è un lontano ricordo; i livelli di vendita degli ultimi anni, culminati nel 2008 a meno di un milione e mezzo di unità, ne fanno ormai un costruttore di secondo piano. Secondo Global Insight, nonostante il prestito di quattro miliardi di dollari da poco ottenuto dal Governo, nelle condizioni in cui versa avrà difficoltà a sopravvivere oltre il primo trimestre dell’anno. Il problema principale di Chrysler è derivato dal fallimento del matrimonio con il gruppo Daimler; la casa americana è sprovvista di piattaforme su cui sviluppare nuovi modelli, soprattutto di dimensioni compatte, come il mercato richiedeQuesto è stato il motivo principale dell’avvio delle trattative con Fiat. Nel mese di gennaio si è iniziato a discutere l’accordo tra i due gruppi, del quale già si vociferava da qualche settimana. Fiat acquisirebbe il 35% della casa americana, pagandolo con la condivisione delle proprie piattaforme e dei propri motori di piccola e media cilindrata su cui sviluppare nuovi prodotti, ottenendo in cambio una via preferenziale d’accesso al mercato nordamericano e il know-how tecnologico di Chrysler relativo ai veicoli elettriciNel frattempo, le due case di Detroit hanno continuato a chiedere prestiti al Governo americano: GM per circa quindici miliardi di dollari e Chrysler per altri cinque. Queste richieste sono accompagnate da drastici piani di ristrutturazione: GM ha previsto di tagliare quarantasettemila posti di lavoro e brand importanti come Hummer, Saab e Saturn; di concentrarsi sui core brand, riducendo la gamma dei modelli del 25%; di ridurre drasticamente la rete commerciale e chiudere i battenti di quattordici fabbriche. Inoltre, ha già preso provvedimenti per il breve termine come il licenziamento di tremilaquattrocento impiegati e la riduzione generalizzata degli stipendi del 10%Ad Auburn Hills viene presentata l’alleanza con Fiat come il punto di partenza per un grande rilancio e programmato il taglio di altri tremila posti di lavoro, la chiusura di una linea produttiva e l’estinzione di tre modelliIntanto a febbraio le immatricolazioni hanno seguitato a calare di oltre il 40% rispetto all’anno precedenteDei tre grandi costruttori nazionali Ford è quello che sembra reagire meglio alla crisi. I suoi alti dirigenti non hanno avuto paura di prendere decisioni drastiche, come tagliarsi lo stipendio del 30%, e allo stesso tempo puntare sull’auto elettrica e ibrida, dimostrando di essere reattivi verso le richieste del mercato e potendo permettersi di non usufruire degli aiuti stataliInvece l’idea dell’alleanza con la Fiat non è piaciuta a molti parlamentari americani, nella misura in cui porterebbe, seppur indirettamente, i soldi dei contribuenti americani nelle casse di un costruttore straniero. La stessa alleanza darebbe però la possibilità a Chrysler di salvarsi dal fallimento e conservare circa cinquemila posti di lavoro nordamericaniNel mese di marzo la perdita del mercato è stata pari al 36,8% e GM ha annunciato la possibilità sempre più concreta di avviare la procedura di bancarotta. Negli ultimi giorni dello stesso mese sono arrivate le prime decisioni del Governo in merito alle richieste di intervento statale. Riguardo a Chrysler, il Presidente Obama stesso ha dichiarato di ritenere la situazione molto grave e, pur elogiando il management Fiat per l’operato degli ultimi cinque anni, ha subordinato la concessione dei sei miliardi di aiuti alla presentazione, entro trenta giorni, di un nuovo piano che soddisfi alcuni punti fondamentali richiesti dalla Casa Bianca (ad esempio il mantenimento degli stabilimenti in USA); inoltre ha imposto che la Fiat non possa acquisire la maggioranza di Chrysler, finché questa non abbia restituito il prestito. Nello stesso giorno a Auburn Hills si annuncia di aver raggiunto una bozza di accordo con Torino, approvata dal Dipartimento del Tesoro degli Stati UnitiIl piano di GM, invece, non viene approvato e ciò costa la poltrona al Ceo Rick Wagoner,sostituito da Fritz Henderson (a capo delle operazioni finanziarie) e da Kent Kresa (presidente per gli incarichi esecutivi). Alla nuova dirigenza viene dato un ultimatum di sessanta giorni per preparare un nuovo piano, degno dell’erogazione di oltre sedici miliardi di aiuti stataliIl mese di aprile ha registrato il diciottesimo calo delle vendite consecutivo, 815.393 unità in meno rispetto al 2008, ovvero un decremento del 34,3%Lo stesso mese di aprile sarà cruciale per la definizione dell’accordo tra Fiat e Chrysler. Le negoziazioni sono apparse tutt’altro che facili, visto che tra le parti in causa ci sono anche diverse banche creditrici (JP Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley), il sindacato americano (Uaw) e quello canadese (Caw). Proprio quest’ultimo non avrebbe voluto accettare la riduzione del 20% della paga oraria dei lavoratori, una condizione ritenuta imprescindibile da Marchionne per siglare l’accordo. Ma il 27 di aprile, grazie anche alla mediazione effettuata dall’amministrazione di Barack Obama, viene raggiunto l’accordo con entrambe le organizzazioni sindacali. La Uaw, in cambio dell’accettazione delle condizioni chieste dal Lingotto, ha ottenuto una quota di partecipazione nella Chrysler vicina al 50%. Le banche creditrici, dal canto loro, hanno accettato di svalutare i propri crediti, passando da sette a due miliardi di dollari, in cambio di una quota azionaria nell’ordine del 10%. La fusione viene ufficializzata il 30 di aprile, anche se la società dovrà transitare per la Corte per la bancarotta di Manhattan per un periodo di amministrazione controllata compreso tra i trenta e i sessanta giorni, visto che non tutti i creditori hanno accettato le condizioni proposte. Grazie a questo accordo si sono riuscite a salvare decine di migliaia di posti di lavoro, mentre il governo ha deciso di erogare subito tre miliardi e mezzo di dollari, degli otto totali di aiuti, promessi in caso di accordo con Fiat. La NewCo (nuova società) che nascerà dalla procedura fallimentare, vedrà Fiat padrona del 20% del capitale, i fondi pensione dei lavoratori del 55% e i governi americano e canadese del 10%. Inoltre il Lingotto riceverà un ulteriore 15% in tre tranche diverse, al raggiungimento di determinati obiettivi, con la possibilità di salire fino al 51%, attraverso una opzione esercitabile dal 1 gennaio 2013 fino al 30 giugno 2016. Questa importante joint-venture ha dato l’opportunità a Chrysler di recuperare il tempo perduto nello sviluppo di nuovi modelli, utilizzando le piattaforme e le tecnologie Fiat, potendo così tornare competitiva sul mercato; mentre ha aperto le porte del mercato nordamericano a Fiat, che potrà usufruire della rete commerciale Chrysler e sfruttare la capacità produttiva degli stabilimenti americani, che sono fortemente sottoutilizzati. Anche molti dei concessionari del marchio stanno lavorando di gran lunga sotto il loro potenziale, perciò solo tre su quattro potranno conservare il mandatoNel mese di aprile la nuova dirigenza di GM ha presentato il suo primo piano di ristrutturazione atto a ottenere il benestare del Governo americano e ad evitare l’amministrazione controllata. Lo storico marchio Pontiac sarebbe stato cancellato, ci sarebbero stati drastici tagli della forza lavoro e del numero dei concessionari, oltre alla chiusura di altri stabilimenti rispetto a quelli inizialmente preventivati. Secondo questo piano di riassetto, i vecchi azionisti avrebbero mantenuto solo l’uno per cento della quota societaria, mentre al Dipartimento del Tesoro sarebbe andato il 50% della nuova società, al sindacato Uaw il 39% e ai creditori il 10%. Ma la paura del fallimento è tale che sei top manager di GM vendono contemporaneamente tutte le azioni in loro possesso, facendo crollare le quotazioni del titolo a poco più di un dollaro per azione, cioè il minimo da 76 anni. Intanto i tagli da parte di GM sono proseguiti e ne hanno fatto le spese duemilaseicento concessionari in USA (il 40% del totale) e trecento autosaloni in Canada (il 42% del totale). Le trattative con i sindacati, invece, si sono concluse positivamente e GM potrà incassare altri quattro miliardi di dollari dal Tesoro, arrivando a un totale di quasi venti miliardi dall’inizio del 2009Purtroppo la brutta notizia arriverà dagli obbligazionisti, che non hanno accettato di riconvertire il credito nei confronti di GM; questa decisione rende vani gli accordi coi sindacati e avvicina sempre di più la soluzione della bancarotta pilotata. Così il 1 giugno 2009 viene ufficialmente aperta la procedura di fallimento controllato: il Governo è diventato il più grosso azionista della società con il 60% ed è costretto a ridimensionare drasticamente l’azienda in ogni sua parteIl mercato persiste coi segni negativi, anche se in misura minore; a maggio la perdita è contenuta al 33,7% rispetto all’anno precedente. Nello stesso mese, è arrivato anche un segnale importante dalla Casa Bianca, che ha deciso di anticipare di quattro anni (cioè entro il 2016) l’entrata in vigore dei nuovi limiti di consumoFord, nel frattempo, ha mantenuto la strategia “One Ford” e ha messo in vendita anche il brand Volvo. Stessa scelta per GM, che finalmente ha trovato un compratore per Hummer: poco importa se la nuova proprietà di uno dei marchi simbolo dell’America sarebbe stata cinese, visto che avrebbe permesso di conservare tremila posti di lavoro. Pure il brand Saturn è passato di mano, alla Penske Automotive, che salvando il marchio dall’estinzione, ha salvato circa tredicimila posti di lavoro. Infine, anche il brand Saab sta per essere ceduto; il compratore è la Koenigsegg, una piccola impresa operante in Svezia specializzata nella costruzione di supercar in piccola serie; in questo modo l’azienda di Throlläthan sarebbe ritornata svedese a tutti gli effettiIl mese di giugno è risultato decisivo per la costituzione della nuova alleanza Fiat-Chrysler. L’ultimo ostacolo da superare è stato un ricorso presentato alla Corte d’Appello di New York da alcuni fondi pensione che si sono sentiti danneggiati, poiché secondo loro l’accordo deciso dal tribunale di New York avrebbe premiato i creditori ordinari (cioè i lavoratori dell’azienda) a scapito dei creditori privilegiati, ovvero i fondi pensione stessi. Il parere favorevole della Corte è arrivato il 10 giugno: il ricorso viene respinto e nello stesso giorno viene comunicata la chiusura dell’alleanza strategica. Presidente della nuova società sarà Robert Kidder, mentre Marchionne assumerà il ruolo di Amministratore Delegato; il Consiglio di Amministrazione sarebbe stato invece composto da tre membri nominati da Fiat (compreso lo stesso Marchionne), quattro nominati dal Dipartimento del Tesoro, uno dal Governo canadese e uno dal sindacato UawMentre Chrysler e GM stanno attraversando momenti cruciali per il loro futuro, Ford ha confermato di essere l’azienda più in salute, aumentando del 16% le stime di produzione per la seconda parte dell’anno, a seguito dei buoni risultati ottenuti. Infatti nel mese di giugno, a fronte di un calo del mercato del 27,7% (rispetto allo stesso mese del 2008), ha limitato le perdite al 14,8%. Complessivamente i dati del primo semestre 2009 hanno evidenziato una perdita del 34,7% rispetto ai primi sei mesi del 2008

venerdì 13 gennaio 2012

Porsche Boxster 981, la terza generazione



Forse non tutti lo ricordano, ma prima di lei Porsche era sinonimo di 911, nessuna variazione sul tema era possibile. Alcuni tentativi erano stati fatti, ma tutti clamorosamente falliti. Non per la qualità o i contenuti tecnici delle auto proposte, ma semplicemente perché non venivano identificate come Porsche. Del resto la Casa di Zuffenhausen fino ad allora si era retta solo su un unico modello: la 356 fino al 1963 e poi l'inossidabile 911. Tuttavia, all'inizio degli anni 90 il management si rese conto che era necessario ampliare la gamma, creando un'altra auto che non si sovrapponesse con la 911, la quale non aveva certo un prezzo popolare. Così nel 1996 nacque la prima Boxster (nome nato dall'unione di boxer e roadster), una spyder due posti secchi a motore centrale. Condivideva molti componenti con la 996 (ovvero la prima 911 raffreddata a liquido), dalla quale derivava anche il motore, un 6 cilindri boxer da 2.5 litri e 245CV. Non pretendeva certo di competere con la sorella maggiore, però rispetto a quest'ultima offriva una esperienza di guida più pura e sensibile, principalmente perché i tecnici Porsche avevano potuto posizionare il motore dalla parte giusta dell'auto...
Ieri è stata svelata la terza generazione della Boxster, la 981. Nessuna rivoluzione rispetto al concetto originale, ma una evoluzione mirata e costante, come da migliore tradizione teutonica. L'auto aumenta leggermente le sue dimensioni ma nel contempo perde peso, grazie all'ampio uso di alluminio. Adotta anche lei il servosterzo elettrico, come la 991, mentre il design è ispirato al prototipo 918 Spyder. I motori disponibili saranno inizialmente due: il 2.7 da 265CV e 280Nm di coppia e il 3.4 da 315CV e 360Nm di coppia. Gli allestimenti saranno "base" e "S". Già diramati anche i prezzi (li trovate qui di seguito), mentre l'auto farà il suo debutto ufficiale al Salone di Ginevra. BRUUUM!!!

Porsche Boxster 2.7     49.884€
Porsche Boxster S 3.4  61.076€

giovedì 12 gennaio 2012

Audi A6 Allorad e Opel Insigna CrossFour, la famiglia va in campagna


Sono strane queste due auto. Potremmo forse definirle "anti-Suv". Bisogna proprio essere dei talebani del coefficiente di penetrazione aereodinamica (il Cx...), per comprare automobili come queste. Forse chi le acquista è spinto da un insopprimibile desiderio di distinzione, perché non si spiega altrimenti come un padre di famiglia in cerca di spazio,  di mobilità nel fuoristrada leggero e dal portafoglio gonfio (35.000€ la Opel) o straripante (55.000€ l'Audi), dovrebbe scegliere una cross wagon, anziché un ben più testosteronico e appariscente Suv, magari anche bianco, così gli altri, dallo specchietto, potrebbero scambiarlo per un'ambulanza e dare finalmente strada! Si, non c'è dubbio, auto del genere sono una scelta fortemente alternativa, dal sapore di understatement; di classe però!
E di classe ne hanno da vendere, non c'è dubbio. Del resto le vetture da cui derivano hanno qualità e blasone. La caratterizzazione estetica, poi, non è troppo vistosa; ci vuole un occhio attento per distinguerle dalle rispettive versioni "base". Se per Audi le Allroad sono una tradizione consolidata, per Opel questa CrossFour è una novità assoluta. Per la sua realizzazione è stato coinvolto il tuner ufficiale Imrscher, che ha puntato su due propulsori diesel, entrambi di 2.0 litri da 160CV (turbina singola, cambio manuale) e 195CV (doppia turbina, cambio automatico). I dettagli del sistema a trazione integrale non sono ancora noti, ma probabilmente verrà usato quello della versione OPC, mentre saranno di serie le sospensioni elettroniche FlexRide.
La nuova A6 Allroad è la consueta fiera della più alta tecnologia di Ingolstadt. Motori tutti V6 benzina e diesel, con prestazioni al vertice (TFSI 310CV e 440Nm, TDI 204, 240 e 313CV, per 450, 580 e 650Nm di coppia), trasmissioni a 7 marce (S-Tronic) o 8 marce (TipTronic), sospensioni pneumatiche di serie e torque vectoring (la distribuzione selettiva della potenza alle ruote di un singolo asse). Tutta questa tecnica sublime viene gestita dal nuovo sistema Audi Drive Select, che permette di cucirsi addosso l'auto settandone ogni singolo particolare. I consumi si riducono fino al 20% rispetto al modello precedente, anche grazie all'ampio uso dell'alluminio, che ha fatto scendere il peso dell'auto di 70kg. Che cosa manca? Niente, tutti dentro e andiamo a sciare!!! BRUUUM!!!

mercoledì 11 gennaio 2012

Honda NSX, capitolo secondo...

I remake sono sempre un bel rischio in tutti i campi e quello automobilistico non fa eccezione. A volte è difficile utilizzare nomi famosi, anche se sono entrati nella vita comune delle persone (citofonare a Volkswagen e chiedere del New Beetle...). Figurarsi quanto può essere rischioso riesumare un nome degli anni 90. Ma non per Honda, non se il nome in questione è composto da tre letterine magiche: NSX. Certo, per ora è solo un concept che si può ammirare staticamente al Salone di Detroit, ma i giapponesi giurano che nel 2015 la faranno. La nuova NSX potrebbe far compiere alla categoria delle supercar un salto in avanti di parecchi anni, così come la vecchia. Correva l'anno 1991, la Honda stupiva tutto il mondo presentando una sportiva dai contenuti tecnologici senza eguali e con una guida precisa e sensibile. L'auto vantava una serie di primati, come la costruzione quasi interamente in alluminio, il motore con bielle in titanio capace di raggiungere 8.000rpm, il primo servosterzo elettrico della storia, ma quello che faceva realmente la differenza era la messa a punto curata da un certo Ayrton Senna. Honda aveva sviluppato la NSX per battere tutti i competitor dell'epoca, come la Ferrari 348, e ci riuscì in pieno. 
La nuova NSX ha obiettivi diversi; Honda vuole legare la sua immagine con quella dell'eco-sostenibilità e ha dichiarato che nel prossimo futuro almeno la metà della sua gamma sarà formata da auto ibride. Allo stesso tempo, però, Honda significa anche auto ad alte prestazioni apprezzate in tutto il mondo (infatti da quando non ne fa più le vendite globali sono crollate). I dirigenti del colosso giapponese lo sanno bene e vogliono tornare in prima linea coniugando le due cose. La NSX Concept è figlia di questa rinnovata filosofia. Mantiene alcuni tratti caratteristici della progenitrice, come il motore V6 V-Tec (dato per 310CV) in posizione centrale e la leggerezza, alzando allo stesso tempo la posta in gioco con un inedito sistema di trazione ibrida, denominato Sport Hybrid SH-AWD (Super Handling All Wheel Drive). Tre motori elettrici integrano quello termico. Due, da 35CV cadauno,  si occupano delle ruote anteriori, creando così una trazione integrale senza albero di trasmissione, sfruttando anche la frenata rigenerativa e garantendo un effetto torque vectoring. Il terzo, da 40CV, è integrato nel cambio doppia frizione; accumula energia e la restituisce quando necessario. Il sistema sembra molto interessante, bisognerà vedere se sarà valido nell'applicazione pratica e soprattutto quanto influirà sul peso complessivo e sulla guidabilità dell'auto. Ma i giapponesi hanno altri tre anni per rendere reale questa nuova NSX e sono sicuro che non ci deluderanno. BRUUUM!!!