venerdì 3 febbraio 2012

La storia della crisi parte 6: i primi segnali di ripresa


Il biennio 2008-2009 è stato decisamente disastroso per il mercato americano dell’auto; in ognuno dei due anni sono stati venduti tre milioni di veicoli in meno rispetto ai dodici mesi precedenti. Le oltre sedici milioni di unità vendute nel 2007 sono ormai un lontano ricordo. Questo tremendo biennio ha visto anche il fallimento e la rinascita di GM e Chrysler, l’ascesa dei costruttori giapponesi e la fine dell’invincibilità del mercato statunitense. Quelle che una volta venivano chiamate le Big Three sono ora chiamate alla sfida più importante della loro storia: risorgere o scomparire. 
Il 2010, invece, inizia con un incoraggiante +6% nel mese di gennaio; Chrysler annaspa ancora con un -8%, GM risale con un +14% e Ford si conferma la più in salute con un + 25% nelle vendite; ma le prime tre auto più vendute sono ancora giapponesi. Ford si è liberata di Volvo vedendola ai cinesi di Geely per la cifra di due miliardi dollari. GM ha fatto lo stesso con Saab; l’accordo con Spyker, dopo complicate trattative, è stato raggiunto sulla base di quattrocento milioni di dollari. Un destino diverso attendeva invece il marchio Hummer: l’azienda cinese Sichuan Tengzhong non aveva ottenuto il benestare da parte del Governo di Pechino, cosicché, in assenza di compratori, il brand sarebbe stato progressivamente smantellato. 
In ogni caso, alla fine del primo trimestre 2010, la situazione dell’industria dell’auto americana è decisamente migliore di quello che ci si potesse aspettare: Ford non ha più conti in rosso e ha aumentato la sua quota sul mercato domestico di 2,7 punti percentuali, arrivando al 16,6%; inoltre prepara il lancio della nuova Focus, progettata per essere venduta in 122 paesi. GM ha già restituito gli aiuti governativi e ritorna ad investire in nuovi stabilimenti; in più, le sue vendite crescono del 20% e la sua quota di mercato si attesta al 18,7%. Senza contare che approfitta dei problemi di Toyota, offrendo sconti speciali ai possessori di auto del colosso giapponese, e si prepara a far debuttare sul mercato l’attesissima Volt e la nuova compatta Aveo, per essere competitiva anche nel segmento sub-compact. 
Anche Chrysler sorprende, con un ritorno all’utile operativo nel primo trimestre (per 143 milioni di dollari) grazie alla risalita della sua quota di mercato fino al 9,1%; tutto ciò in attesa dei nuovi modelli elettrici che saranno lanciati entro breve tempo. Il quadro generale che emerge lascia ben sperare per il futuro dell’auto made in USA. Il mercato ha sostenuto una reazione non facile, che ha comportato un continuo cambio di vertici dirigenziali, sacrifici da parte del Governo, rinunce per i lavoratori americani e canadesi, la perdita di tanti posti di lavoro. Una reazione che ha costretto il popolo Americano a  confrontarsi per la prima volta con industrie nazionalizzate, con auto ecologiche e motori più piccoli dai bassi consumi. Una reazione che ha visto minate seriamente le fondamenta stesse del mito del liberismo a tutti i costi e di una certa parte del “sogno americano”, quello fatto di grandi auto, spinte da motori potenti e da grandi quantità di benzina. 

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